Due facce e una medaglia


” […] il buon lottatore deve saper gareggiare e non pensare a finalizzare solamente; deve saper guadagnare punti e vantaggi, e poi finalizzare. Deve tener presente il tempo della lotta. Deve sapere giocare con i suoi sostenitori, con la mentalità dell’arbitro, fare in modo che il pubblico si metta dalla sua parte e contro l’arbitro. […] Un buon lottatore deve conoscere bene il regolamento della lotta. Se non riesce a finalizzare deve guadagnare punti, se non riesce a farlo deve guadagnare vantaggi, e se non riesce a guadagnare vantaggi deve suggestionare i presenti”. Royler Gracie

Rileggendo i classici dell’antica Grecia ci accorgiamo di quanti trucchi e sotterfugi si servivano i guerrieri antichi per vincere i loro avversari. Ulisse, e le sue astuzie valevano come, se non di più, la forza di Aiace.  Anche la tradizione orientale, nei suoi classici, quali l’Arte della Guerra di Sun Tsu ci parla dell’uso delle spie e del fuoco come arma non convenzionale, o Musashi che spiega come avvantaggiarsi del terreno o come ingannare l’avversario. la storia e la tradizione ci tramandano tanti esempi di come la lotta sia piena di trucchi e furbizie.

Un confronto sportivo, pur depurato da molti trucchi e scorrettezze  grazie al regolamento di gara, non può cancella quelle che potremmo definire: armi psicologiche. Quando assistiamo a un incontro agonistico si vedono rispettate tutte le regole cavalleresche: gli atleti  salutano l’ arbitro e poi si stringono la mano. Quando termina l’incontro, si ripete il rito. Nei minuti che separano questi saluti due individui, lottano senza risparmiarsi cercando di vincere. Tutto quello che non è vietato dal regolamento, può essere utile per portare a casa il risultato.

In uno scontro sono coinvolte tutte le  facoltà, sia fisiche sia mentali. L’atleta deve saper gestire molte variabili quali: il pubblico, l’arbitro, le condizioni climatiche, vari disturbi e distrazioni. Essere un agonista vuol dire essere in grado di usare nel miglior modo possibile tutte le “armi” a  disposizione o sapersene difendere quando è il nostro avversario a usarle contro di noi. Spesso, però, le furbizie e trucchi  si scontrano e si annullano a vicenda, altre non hanno effetto e molte sono sanzionate dall’arbitro.

La gara t’insegna a gestire il tempo di attesa: s’imparano molte cose di se stesso nell’attesa di combattere. Quando lotti si acuiscono i sensi per cercare di recepire le voci dal tuo angolo, sommerse dal frastuono della folla che ti circonda. Impari a fare a meno dell’angolo quando sei da solo. Impari a interagire con l’arbitro, il tuo avversario, con il pubblico e con te stesso; a digerire la vittoria come la sconfitta, un torto dell’arbitro o un favore non meritato.

Allenarsi per competere è il modo migliore e sicuro di apprendere quegli attributi indispensabili per formare lo status fisico e mentale più adatto per affrontare un’eventuale situazione di stress causata da un’aggressione. Se è pur vero che una competizione regolata non è paragonabile a una situazione di lotta senza regole, solo attraverso il confronto in palestra, e anche alla competizione, ci si può preparare al meglio per combattere. Fenomeni come la visione tunnel, le gambe pesanti, la paura, l’ansia, il coraggio, la forza di volontà, la tensione nervosa, la voglia di vincere o di sopravvivere sono acuiti in una situazione competitiva. Molte di queste sensazioni, con cui è bene familiarizzarsi, sono provate anche nel confronto in palestra ma non come in competizione. Anche in una situazione di difesa personale l’aspetto psicologico è molto importante, come sanno gli aggressori da strada che, prima di aggredire la loro vittima, cercano di vincere il confronto prima che sul piano fisico su quello psicologico usando trucchi e furbizie.


La lotta richiama alla memoria il duello degli eroi omerici, mentre il gioco di squadra, come il calcio  o il rugby con la sua mischia, lo scontro di falangi e centurie. Anche nei suoi termini lo sport si serve del gergo militare: agonismo, per esempio, deriva da ag-men esercito in marcia, schiera e da agone luogo dell’adunanza. Lo sport insegna a lottare per ottenere una ricompensa. Spinto agli eccessi  l’agonismo esasperato alimenta la contrapposizione individuale, tendendo a far risaltare lo spirito competitivo come naturale parametro di rapporto fra gli esseri umani.

Lo sport può essere praticato fino a una certa età, e non sempre è portatore di valori positivi. Vediamo oggi gli scandali nel calcio e i rischi delle scommesse in grado di falsificare i risultati sportivi anche alle Olimpiadi. A molti atleti dei vari sport non sono estranei comportamenti tutt’altro che sportivi come l’uso di droghe per aumentare le prestazioni.  “I believe probably 90% of all black belts who reach the podium are on some type of physically enhancing drug, which is very unfortunate”. Clark Gracie

Voler sottolineare solo l’aspetto sportivo del jiu-jitsu ne svilisce la sua essenza. Nel momento in cui la gara diventa il fine, il jiu-jitsu può essere praticato per un numero limitato di anni, ti regala alla fine un po’ di medaglie e che altro? In quanti sporti si vedono ex agonisti incanutiti che al termine della carriera smettono qualsiasi attività fisica e si trasformano in attempati signori di mezza età con la pancia e pieni di acciacchi.

Il bjj è una miniera inesauribile, di fronte alla quale il singolo atleta o istruttore può sentirsi a volte perso. Per tranquillizzarsi molti scelgono un filone della miniera e scavavo in un’unica direzione, e lo sport è una di queste. A ognuno la sua via, quella che alcuni hanno intrapreso non ha come meta trionfi sportivi o cinture colorate. Queste saranno tappe del cammino. E’ la ricerca interiore, lo sviluppo di facoltà mentali e fisiche superiori la sperimentazione quotidiana, il piacere della scoperta, questo è il tesoro che ricercano.

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  1. Complimenti gran bel articolo!

  2. Ben scritto Max!

  3. COMPLIMENTI UN ARTICOLO BELLISSIMO RICCO DI SIGNIFICATO IL FATTO CHE NESSUNO LO COMMENTI MI PREOCCUPA………

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