Newsletter Subscribe
Inserisci la mail per ricevere le notizie del sito.
ADCC 2003, siamo alla quinta edizione di quello che negli ultimi ventuno anni a partire dal 1998 è diventato il
campionato più prestigioso di submission wrestling o grappling che dir si voglia, insomma un torneo ad
eliminazione diretta di lotta senza kimono (no-gi).
L’Abu Dhabi Combat Club non è solo questo. È molto di più.
Creato dallo Sceicco Tahnoon Bin Zayed Al Nahyan, figlio del presidente degli Emirati Arabi nonché grande
appassionato di jiu-jitsu, l’ADCC come lo ha definito Royler Gracie, è “l’inizio dell’era moderna del grappling”.
Le prime quattro edizioni svoltesi dal 1998 al 2001 vengono ospitate nientemeno che ad Abu Dhabi e manco a
dirlo, a parte qualche eccezione, sono i brasiliani a fare incetta di medaglie in tutte le categorie di peso. Il 2003
è l’anno della svolta, il campionato varca i confini degli Emirati per la prima volta. Il 18 maggio, presso
l’Ibirapuera Gymnasium di Sao Paulo vanno in scena gli incontri validi per il torneo ‘Assoluto’, ovvero senza
limite di peso.
Un ventisettenne americano sta per shockare il Brasile. Dean Lister, che in quegli anni si è
guadagnato il soprannome di “the boogeyman” (l’uomo nero) nel circuito californiano di MMA “King Of The
Cage”, a motivo del fatto che non è facilissimo trovare avversari che abbiano coraggio di affrontarlo in una
gabbia, viene inserito nel bracket dell’Assoluto perché gli è stata data la possibilità di sostituire un altro
lottatore che si è infortunato all’ultimo momento (quando si dice il treno che passa una sola volta nella vita..).
Se non fosse arrivata questa opportunità, probabilmente sarebbe già tornato a casa col primo volo disponibile;
il giorno prima, nella sua categoria di peso al limite dei 99 kg è uscito ai quarti, sconfitto ai punti da Xande
Ribeiro. Il desiderio di rivincita è molto forte, la concentrazione alta. Il ragazzone nativo di San Diego si
presenta su un tatami immerso in un’atmosfera dalle luci soffuse, quasi fosse in un night club e non in un
palazzetto dello sport. Ovviamente il pubblico, padrone di casa, è completamente schierato dalla parte dei
propri beniamini. L’unica lingua che si sente (urlare) all’interno della struttura è il portoghese.
Il primo match lo trova opposto al connazionale campione di MMA Nate Marquardt. Il fighter originario del
Wyoming viene sbolognato in poco meno di due minuti, dopo pochi attimi nel clinch in piedi, Lister chiama la
mezza guardia e da lì costruisce una leva al braccio dell’avversario che si concretizza in una kimura al termine di
una frazione di scrambling.
Al turno successivo, ai quarti, l’avversario è molto più ostico; Saulo Ribeiro, autentica leggenda brasiliana
nonché fratello di quello Xande che lo ha sconfitto il giorno prima, è senza dubbio un lottatore di altissimo
livello con uno stile di jiu jitsu fortemente aggressivo e orientato alla sottomissione. La lotta tra i due è molto
dura. I primi dieci minuti a parte un breve scambio a terra e alcuni tentativi di takedown di Lister, sono di
studio nell’attesa che l’altro sbagli qualcosa. È solo verso la fine dell’incontro che in una fase a terra, dopo un
tentativo di presa della schiena e posizionamento in monta, Lister tira fuori un coniglio dal cilindro e si inventa
un kneebar dalla mezza guardia. Palazzetto ammutolito e vittoria per Lister che mette in score la prima
sconfitta per finalizzazione per Saulo Ribeiro in una competizione senza kimono.
In semifinale l’avversario si chiama Marcio Cruz, altro brasiliano altro fenomeno. Questo incontro,
probabilmente è il più duro di tutto il torneo. Cruz, soprannominato “Pe de pano” per via della somiglianza con
il personaggio dei cartoni animati Woody Woodpecker, è un colosso ma anche un lottatore molto preparato.
Lister sembra soccombere da subito a Cruz che appare più in palla e che gestisce l’incontro per la maggior parte
della durata senza però riuscire a mettere a segno alcun punto. Come nell’incontro precedente, anche qui
Lister si inventa una magia verso lo scadere. Con una tecnica tipica della lotta olimpica riesce a posizionarsi alla
schiena di Cruz e infila i ganci che gli consentono di guadagnarsi i 3 punti che significano il passaggio in finale.
L’incontro valido per il metallo più prezioso vede contrapposti due atleti che sembrano antichi lottatori romani.
Ovviamente l’avversario di Lister è un brasiliano. Alexandre Ferreira detto “Cacareco”, che in italiano significa
rinoceronte, ha un aspetto che farebbe impallidire il suo omonimo naturale. Lungo la strada per la finale, anche
lui ha eliminato nomi grossi come Fabricio Werdum e Comprido. La lotta no-gi è il contesto ideale per Cacareco
che vanta una lunga esperienza nella luta livre, disciplina molto simile al jiu jitsu ma praticata esclusivamente senza kimono. L’aria è pesante, entrambi i lottatori sono concentratissimi. Poco più di un minuto a cozzare in
piedi e Lister attacca con double leg, Cacareco reagisce difendendo alla grande e riuscendo a contrattaccare
con una ghigliottina. Sembra la fine dei giochi per Lister. Venti interminabili secondi con Cacareco
letteralmente appeso alla testa dell’americano che sembra sul punto di battere da un momento all’altro. Lister,
non si sa come riesce a venirne fuori e si ritrova nella guardia dell’altro. Ed è proprio da questa posizione che
chiude il match con la tecnica che negli anni successivi lo renderà famoso in tutto il mondo. Si butta schiena a
terra catturando la gamba dell’avversario e lavora per chiudere leva al tallone. Cacareco tenta di svincolarsi ma
è troppo tardi, a quel punto Lister passa la gamba e chiude heel hook dalla 50/50. Cacareco batte e
l’americano, con lo spirito sportivo che ne ha contraddistinto l’intera carriera, per prima cosa va a rendere
onore allo sconfitto.
Finalmente l’arbitro alza il braccio del vincente e l’uomo nero può finalmente festeggiare la meritata vittoria che è il primo tassello importante di una carriera che gli riserverà altre grandi soddisfazioni come le vittorie all’UFC e al PRIDE nonché la vittoria del titolo ADCC in categoria nel 2011 a Birmingham. Il Brasile si inchina ad un grande lottatore che, come solo i grandi campioni sanno fare, è stato capace di salire su quell’ultimo treno.
I commenti sono chiusi.
grazie dell’articolo, molto interessante