20 consigli per migliorare il tuo Jiu-Jitsu

15. Ci vuole lo stretching

Da quando era un bambino, Antonio Schembri è abituato a fare stretching tutti i giorni. E non se ne è mai dovuto lamentare, a differenza di quei suoi avversari che, col tempo e la pratica, ha cominciato a finalizzare nelle maniere più varie. “Io sono molto elastico, e infatti eseguo sempre una prolungata sessione di stretching prima e dopo ogni allenamento. Alcune persone sono rigide, non lo amano, ma lo streching è essenziale, specialmente di glutei, gambe, spina e lombari” ci dice l’atleta della Chute Boxe. Secondo ‘Elvis’ Schembri, lo stretching è vitale anche per migliorare la guardia. “Ciò che io noto durante le gare è che tutti se la cavano bene nelle posizioni dominanti ma non molti, comprese le cinture nere, sanno fare bene guardia. Quindi, al di là dello stretching che migliora il nostro non farsi passare, l’atleta deve organizzarsi una routine di training tale che possa insistere nell’allenare ogni singola variante: guardia a farfalla, guardia chiusa, con i ganci dentro etc. Non si può consentire al tipo che abbiamo di fronte di andare oltre la linea delle nostre ginocchia, altrimenti ci toccherà poi inventarsi qualcosa di clamoroso per impedirgli di passare” Insegna Schembri. A sentire Fabio Gurgel, il livello delle competizioni oggi è così equilibrato che i piccoli dettagli possono fare la differenza nel definire come finirà un match. Dando per scontato che tu abbia, o impavido lettore, già prestato attenzione alla tecnica e alla preparazione fisica, il capo della Alliance richiama la tua attenzione su un ‘dettaglio’ che può trasformarti in un gigante delle materassine: “Io consiglio sempre i mie allievi di parlare a se stessi. L’auto-valutazione permette all’atleta di conoscersi meglio, scoprendo le proprie qualità e difetti. Diventa così conscio del suo istinto, sviluppa fiducia in se stesso e non si perde d’animo. In questo modo può disegnare una tattica ideale” analizza Gurgel, e quindi descrive l’attitudine mentale con cui si dovrebbe entrare sul ring (o materassina) “L’auto-conoscenza del combattente deve trasformare la gara in qualcosa di piacevole. Il Praticante di BJJ si deve divertire in un campionato. E’ così che tutto diventa facile”.

17. Simulate ostruzioni e fughe

“Quando ero all’accademia Carlson Gracie, mi allenavo sempre con dei partner che mi attaccavano a piena forza. La cosa brutta di allenarsi in un’accademia è che tutti vogliono combattere soltanto a mille, e così non ti abitui a un avversario che sia ostruzionistico in gara” puntualizza Ricardo de la Riva, insistendo sul duro lavoro di cui si dovette sobbarcare per sviluppare il proprio gioco in occasione nello scontro con il giapponese Yuki Nakai nel Settembre 2004. Il suo suggerimento di conseguenza è di simulare lotte dove l’avversario né prova a passare né a finalizzare; lottare contro qualcuno molto tecnico o che scappa.

Anche Marcelo Garcia ha un consiglio per le situazioni difficili (ma opposte): rilassarsi e respirare. “Il combattente deve sapere come rilassare e allungare tutte le sue membra, oltre che respirare nella maniera corretta, per il momento in cui si trovi sotto, schiacciato e pressato dall’avversario” afferma il campione del mondo dei pesi medi. Per imparare come uscire da certe dure situazioni, Garcia invita a fare pratica di guardia con partner d’allenamento molto più pesanti.

18. Provaci!

Jean Jacques Machado ama risvegliare la creatività dei suoi allievi. Il maestro organizza ‘sessioni di laboratorio’ durante gli allenamenti alla sua accademia a Los Angeles, durante le quali mostra al gruppo un movimento, chiedendo ai presenti di studiarselo e di presentarne una difesa la settimana successiva. “Ci sono molti modi di arrivare a un obiettivo. Io amo che i miei allievi usino la loro creatività e trovino nuove vie per raggiungerlo.” spiega. In altri termini, Jean Jacque non fa dei suoi apprendisti jiu-jistuka dei semplici ‘ripetitori di mosse’. Tramite il piantare semi di sperimentalismo nelle sue lezioni, la cintura nera ha dato alla luce intere classi di studenti che sono atleti creativi e innovativi. Leo Vieira apprezza la metodologia di Jean Jaque, ma la presenta sotto un altro aspetto: “Osservate i bambini lottare. Notate come essi siano costantemente ridendo e saltando qua e là. Così’ è come io amo combattere. I bimbi inventano, creano mosse inaspettate che, se adattate al Jiu-Jitsu degli adulti, possono davvero dare ottimi frutti. Insegnare ai bambini è una gran fonte di apprendimento per me”.

19. Massima costanza

Anche per il campione ADCC del 1999, Jean J. Machado, niente è più importante della costanza e regolarità negli allenamenti. Non sparire dalla palestra è quindi tratto determinante dell’evoluzione dell’atleta, che deve evitare di saltare settimane intere per poi tentare disperatamente di recuperare con un sovra-allenamento. Praticamente ognuna delle superstar in Gi sa nel profondo del suo cuore ciò che ci illustra ‘Pe de Pano’: “Il segreto è la regolarità: allenarsi ancora e ancora e ancora. Meglio due volte al giorno, se possibile. Dato che io ho iniziato tardi, mi sono risoluto a frequentare pomeriggio e sera.” Stando a quanto lui ci dice, la regolarità porta a evolversi e a evitare gli infortuni. “Per via del fatto che mantenete l’allenamento, il corpo si abitua allo sforzo. E’ stato quando ho cominciato a intervallare abbandoni e riprese che mi sono infortunato spesso.” finisce di spiegarci. Sostenitore del concetto, Vitor ‘Shaolin’ ci spiega: ” Oltre che allenarsi spesso, si devono diversificare gli allenamenti e capire che c’è una cosa chiamata riposo. Dunque, se l’allenamento del pomeriggio è più lento, approfittane per recuperare. Anche se il tuo corpo non reagisce bene all’allenamento mattutino ma ti rendi conto che è molto utile, alzati un po’ prima per riscaldarti bene e preparare il corpo allo sforzo. Pratica il tuo training più duramente la sera ma non farlo finire troppo tardi, oppure te ne andrai a letto troppo teso e pensando solo al BJJ, senza poi riposare abbastanza o addirittura per niente”.

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