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Settimana scorsa con l’Avv. Vittorio Giorgi, il presidente della Federazione Italiana di Kurash e Lotte Tradizionali (FIKU), abbiamo introdotto il concetto dell’”atleta globale”, riferendoci a chi pratica a livello agonistico più discipline sportive simili tra loro.
Personalmente iniziai judo all’età di 7 anni in una palestra Uisp, “Judo Club Yama Arashi Milano”, e dopo 17 anni decisi di andare in una palestra Fijlkam, Isao Okano Club 97 a Cinisello Balsamo (MI), una delle migliori d’Italia, alla ricerca di un livello agonistico più alto. Gareggiavo a livello nazionale e all’estero fino alle European Cup.
Nel frattempo avevo iniziato anche il sambo, un mix di judo e lotta russa, di cui abbiamo già parlato anche grazie alla recente medaglia di bronzo ai Mondiali conquistata da Mattia Galbiati. Mi allenavo una volta a settimana oltre al judo ed ebbi la possibilità di partecipare sia agli Europei che ai Mondiali.
Successivamente provai per qualche mese anche la lotta presso Sef Mediolanum, ma solo a livello di allenamento.
Circa 6 anni fa iniziai anche grappling, prima presso University of Fighting e in seguito, fino ad ora, presso Sef Mediolanum, entrambe a Milano. Ho partecipato più volte agli Europei UWW con la Nazionale Figmma di grappling, conquistando un paio di medaglie.
Poco dopo mi cimentai anche nel kurash (lotta uzbeka spiegata settimana scorsa dal Presidente Giorgi), gareggiando nel 2018 nel “Russian Kurash Open” dopo uno stage di una mattinata a Roma.
Due anni fa iniziai pure il sumo. Nel 2019 andai in Giappone per fare i Mondiali e a gennaio di quest’anno feci anche una gara del circuito internazionale a Budapest.
Partecipai anche a una gara di combat wrestling.
Tutti questi sport li ho iniziati per caso, magari vedendo una foto o un video o per sentito parlare, e non sempre mi allenavo in modo specifico prima di gareggiare. Mi ricordo che a volte durante le trasferte in pullman ero lì a leggere il regolamento.
Ora analizzerò ognuno di questi sport, nei quali si viene divisi in categorie d’età, di sesso e a di peso corporeo.
Inizio dal mio primo sport che mi ha dato delle buone basi da cui partire per poter poi intraprenderne altri simili.
Judo è una disciplina sportiva di contatto composta da una parte in piedi, con lo scopo di proiettare l’avversario con la schiena a terra, con velocità e potenza, senza calci e pugni, e da una parte a terra formata principalmente da immobilizzazioni (“osae-komi”), da leve articolari al gomito (“kansetsu-waza”) e da strangolamenti (“shime-waza”), portando l’avversario ad arrendersi o immobilizzandolo per 20 secondi.
Lo si pratica scalzi e s’indossa il judogi, composto da una giacca e da un pantalone, di solito bianchi tranne nelle finali nazionali e nelle gare internazionali dove il secondo chiamato li indossa blu per distinguersi dall’avversario, con la cintura che si differenzia in base al grado, e per le femmine anche una maglietta bianca da mettere sotto la giacca.
L’area di combattimento è un quadrato 8 metri x 8 metri, più intorno l’area di sicurezza di almeno 3 metri. Il tempo di un incontro per gli junior e i senior è di 4 minuti, prima era di 5, più l’eventuale “golden score” in caso di parità, ad oltranza finchè uno dei due non conquista un punto attraverso un’azione o per la squalifica dell’avversario alla terza sanzione (“shido” è la singola sanzione e al terzo shido arriva l'”hansoku-makè” ovvero la squalifica, ottenibile anche per un gesto grave o anti-sportivo).
Il peso viene effettuato in molte gare il giorno prima o, a scelta, poco prima della gara in mutande per i maschi e in costume intero per le femmine, qualche anno fa ci si pesava tutti coi pantaloni del judogi e le femmine in più con una maglietta bianca. Mezz’ora prima dell’inizio della competizione vengono estratti degli atleti che hanno fatto il peso la sera prima per un ulteriore controllo peso, il peso random, e non possono superare del 5% il peso della propria categoria, pena l’esclusione dalla gara. Questo è stato introdotto negli ultimi anni per evitare cali peso e disidratazione drastici pericolosi per la salute.
Quando iniziai il sambo mi trovai bene perché potevo sfruttare le mie conoscenze judoistiche, esclusi gli strangolamenti che non sono ammessi, ma con l’aggiunta di leve, non solo ai gomiti, ma anche a caviglie, ginocchia e anche. Si possono prendere le gambe, cosa non più consentita nel judo da diversi anni, che a parer mio, ha fatto perdere un pò di spattacolarità, se ricordiamo ad esempio dei “kata-guruma” in piedi e non solo.
Il sambo si divide in sambo sportivo e sambo combat, che si differenzia dal sambo sportivo per l’aggiunta di strangolamenti, calci e pugni, infatti gli atleti hanno il caschetto, rosso o blu, e le protezioni.
Anche per quanto riguarda l’abbigliamento e l’area di gara ci sono differenze.
Nel sambo invece c’è il “kurka”, che è una giacca con delle alette all’altezza delle spalle per facilitare le prerse e ha due passanti per la cintura in modo che non cada a terra anche se si dovesse slacciare, in aggiunta ai pantaloncini e delle scarpette con la suola morbida, diverse da quelle per la lotta. Il tutto è rosso se l’atleta è il primo chiamato o blu se è il secondo, con l’eccezione delle scarpe che possono essere neutre, anche nere. L’area di combattimento è un cerchio. Il tempo di un incontro è di 5 minuti per i senior. Il peso viene effettuato in mutande, e per le femmine anche in reggiseno, ma volendo anche nudi per gli atleti che sono tirati col peso.
Ovviamente le regole cambiano rispetto al judo ma l’obiettivo finale rimane lo stesso, ovvero proiettare l’avversario con la schiena a terra o farlo arrendere. Nel sambo c’è molta più libertà a livello di prese e, a differenza del judo, non c’è un limite di tempo per la presa incrociata. In aggiunta, se nel judo posso vincere di “ippon”, vittoria netta, con una proiezione di seoinage in ginocchio, nel sambo non è “cista” se lo proietto appoggiando giù le mie ginocchia o un’altra parte del corpo diversa dai piedi. Inoltre nel sambo si possono prendere le gambe, si ha un minuto di tempo. Infine nel sambo non si può vincere per immobilizzazione ma permette solo di prendere dei punti per poi proseguire il lavoro a terra, ad esempio con una leva e si ha tempo un minuto per poterla concludere, mentre a judo se l’arbitro non vede la possibilità chiara di finirla interrompe l’azione facendo rialzare i due atleti
Il mio primo contatto col grappling, all’inizio solo con il -gi, è stato direttamente in gara, in una Coppa Italia a Roma, dove per mia fortuna c’era in palio il gi per il vincitore di categoria, che vinsi senza neppure conoscere le regole se non direttamente sul campo di gara. Anche nel grappling ci sono le cinture ma sono diverse rispetto al judo. Ricordo che ero andata in gara con il mio judogi e la mia cintura nera, notavo che mi guardavano un po’ in modo strano e scoprii che in realtà una cintura nera di judo corrisponde alla loro cintura blu, mentre una loro cintura nera potrebbe corrispondere a una cintura bianca e rossa di judo (6° dan).
Ci sono i gi, che sono più leggeri dei judogi, e possono essere bianchi, blu, neri e da un paio d’anni nelle gare internazionali anche rossi, in gara si differenziano dalla cintura rossa per il primo e blu per il secondo chiamato, a meno che abbiano già i gi di colore differente, in ambito internazionale il primo ha il gi rosso e il secondo blu.
L’area di combattimento è come quella di sambo, un cerchio, e il tempo di un incontro è di 5 minuti senza interruzioni tra in piedi e a terra tranne nel caso in cui si esca dal cerchio.
Nel grappling ci sono sia strangolamenti che leve, ovunque (fino a un certo livello non valgono quelle in torsione).
In questo sport un judoka si può trovare facilitato nella parte in piedi e quindi ne può approfittare proiettando l’avversario, che di solito si specializza maggiormente a terra. Una differenza importante che ho notato è che un judoka per difendersi tende a chiudersi dando la schiena all’avversario e questo nel grappling per l’avversario può diventare un grande vantaggio perché può mettere i ganci controllando la schiena conquistando così già ben 4 punti con una “back mount”.
In alcune organizzazioni il peso viene effettuato col gi poco prima di salire sul tappeto, mentre ad esempio in Figmma ci si pesa in rashguard e pantaloncini, almeno un’ora prima dell’inizio della gara.
Inoltre nel grappling c’è anche la versione “no-gi”, che è appunto senza gi e si combatte sempre scalzi, con una rashguard, maglietta aderente con le maniche, sia mezze che intere, e un pantaloncino. In gara il pantaloncino è di solito neutro, nero, mentre la rashguard deve essere rossa per il primo chiamato e blu per il secondo.
Mi sono cimentata nella versione “no-gi” direttamente al mio primo Campionato Europeo. Posso dire che per un judoka è un po’ più difficile all’inizio perché non ha le prese del judogi mentre un lottatore si troverebbe decisamente meglio rispetto alla versione -gi.
Mi è capitato una volta di gareggiare nel combat wrestling e lo considero un tipo di grappling no-gi con l’aggiunta di punti anche se si proietta l’avversario senza mantenere un controllo a terra. Ovviamente anche qui c’è anche la parte a terra con leve e strangolamenti.
Il sumo, sport nazionale giapponese, è lo sport che più si differenzia dal judo.
Lo si pratica indossando un cinturone arrotolato in un determinato modo in vita, chiamato “mawashi”, e le femmine anche con una maglietta e pantaloncini sotto il mawashi.
Si combatte in un cerchio ma nelle gare più importanti il bordo dell’area di combattimento è leggermente rialzato e si combatte sulla sabbia, come ho potuto provare personalmente in Giappone. Si parte solo quando entrambi gli atleti, dopo il segnale dell’arbitro, appoggiano i pugni a terra, sulla sabbia e lo scopo è quello di far appoggiare all’avversario una parte diversa dalla pianta dei piedi o farlo uscire dal cerchio di combattimento. Se il mawashi dovesse disfarsi l’atleta perde. Si possono tirare manate ma non schiaffi in faccia, infatti ci sono proprio delle tecniche per spingere l’avversario fuori attraverso delle “manate”.
Questo sport è molto semplice a livello di regole e, avendo sperimentato anche gare di judo nelle oltre, +78 kg, essendo una delle più piccole fisicamente mi ritrovavo molto come nel sumo: c’erano alcune judoka che cercavano proprio di spingere fuori l’avversaria più leggera dato che quest’ultima, alla terza volta veniva squalificata (“hansoku-makè”) con la terza sanzione (“shido”).
Ci tengo a precisare che anche nel sumo ci sono categorie di peso, anche se noi occidentali colleghiamo questo sport a persone grosse in netto sovrappeso.
Ho scoperto il kurash per caso e dopo uno stage a Roma di una mattina, ho avuto la possibilità di partecipare subito al “Russian Kurash Open” grazie alla solida base che avevo di judo.
Il kurash, lotta uzbeka, invece viene praticato scalzi, con una giacca, verde o blu in base alla chiamata, un pantalone bianco e una cintura rossa.
È molto simile al judo nella parte in piedi, ma non esiste una parte a terrra e non si possono fare le tecniche con le ginocchia a terra come il ”seoinage” in ginocchio.
Per pochi mesi avevo sperimentato anche la lotta libera, o stile libero, fatta con la tutina da lotta, anche se poi in allenamento basta un pantaloncino e una maglietta. Bisogna usare le scarpe apposta da lotta.
Si combatte nel cerchio e non ci sono né strangolamenti e né leve. Si possono usare sgambetti o spazzate e si lavora sia in piedi che a terra con l’obiettivo di schienare il proprio avversario. C’è invece la lotta greco-romana, riservata solo ai maschi, prevede solo prese dalla vita in su.
Avendo provato direttamente sulla mia pelle judo, sambo, grappling (-gi e no-gi), kurash, sumo, lotta libera e combat wrestling posso dire che un judoka troverebbe meno difficoltà nel kurash, poi nel grappling -gi e nel sambo.
Qualche anno fa judo era molto più simile al sambo ma col cambiamento dei regolamenti allora si è più distaccato.
Ovviamente passare da uno sport ad un altro non è proprio così semplice perché bisogna conoscere bene il regolamento e alcuni automatismi acquisiti col tempo non vanno bene passando da una disciplina ad un’altra.
Bisogna considerare anche che in diverse nazioni, soprattutto quelle dell’Est dove fin da piccoli fanno tanto sport di contatto già a scuola, ci sono atleti olimpionici che gareggiano in più discipline mentre in Italia sono pochi gli atleti che lo fanno e sono quelli non professionisti.
Detto questo, basandomi sulla mia esperienza personale, concludo consigliando ai vari atleti di sperimentare i diversi tipi di lotta perché lo vedo come un arricchimento del proprio bagaglio tecnico.
Nei tipi di sport che ho analizzato non sono consentiti calci, pugni, ginocchiate e gomitate tranne che nel sambo combat, altrimenti avrei dovuto parlare di tante altre discipline sportive che non sono però di mia competenza.
Sarei curiosa di conoscere anche il Vostro punto di vista attraverso i commenti.
I commenti sono chiusi.
Beh innanzitutto complimenti per il curriculum sportivo. E’ chiaro che un buon lottatore di qualsiasi specialità dovrebbe avere delle basi di coordinamento fisico, conoscenza pratica delle biomeccaniche di base nonché propriocezione che gli permettano di transitare su discipline lottatorie affini a quella di competenza. Ad alti livelli credo però che le specifiche determinate fondamentalmente dal regolamento incidano in maniera preponderante sulla preparazione. In particolare dal punto di vista tecnico ma anche atletico (per esempio prepararsi per una competizione IBJJF rispetto ad una sub-only è molto differente sia perché i tempi di gara sono completamente differenti sia perché alcuni dettami regolamentari come può essere il knee reaping o la mancanza di penalità per la chiamata in guardia senza prese, possono fare davvero la differenza). Credo quindi che sia praticamente vedere un atleta capace di competere allo stesso livello in discipline affini ma diverse, tutt’al più può essere invece veramente importante il bagaglio esperienziale che un grappler si porta a casa in un contesto di cross-training. Mi viene in mente il judoka Travis Stevens che si è portato a casa uno storico argento alle olimpiadi del 2016 sfruttando a pieno il suo ne waza, competenza che ha studiato e allenato con profitto presso la RGA di NY sotto la guida dello stregone John Danaher
Grazie Matteo per il commento.
Io ti parlo della mia esperienza. Già passare da una federazione a eps o viceversa della stessa disciplina sportiva è diverso e bisogna per forza sapere bene il regolamento. A maggior ragione da una disciplina ad un’altra.
Ho passato anche più week-end a fare ad esempio una gara di judo di sabato e una di grappling di domenica.
Poi dipende dagli obiettivi, se ho in ballo un Europeo o un Mondiale magari mi dedico maggiormente o interamente per il periodo pre-gara alla disciplina dell’Europeo o Mondiale.
Comunque in altre nazioni ci sono atleti di altissimo livello che nello stesso anno gareggiano in più dicipline.
Grazie ancora del commento.