Judo e Covid attraverso una testimonianza diretta

Oggi si parla tanto di Covid e nel judo abbiamo visto che al Campionato Italiano Junior FIJLKAM organizzato a Ostia il 17 e 18 ottobre, la prima competizione dopo il lockdown, non hanno potuto partecipare due squadre a causa della positività di alcuni loro atleti e stessa sorte è capitata la settimana successiva alla Nazionale Italiana di judo FIJLKAM al Grand Prix in Ungheria, in seguito a Kenny Komi Bedel (-81 kg) agli Europei Junior (a causa della quarantena preventiva), alla 17enne Veronica Toniolo (-57 kg), bronzo agli Europei Junior, alla sua prima convocazione agli Europei Senior a Praga, e all’arbitro internazionale Roberta Chyurlia .
Si parla se sia giusto fare le gare o meno ma sentiamo ora una testimonianza diretta colpita proprio da questo virus.
Con noi c’è Riccardo Caldarelli, maestro di 7° dan di judo e componente della commissione nazionale insegnanti tecnici FIJLKAM, oltre ad aver avuto un passato agonistico a livello internazionale purtroppo interrotto prematuramente da un grave infortunio.

Ciao Riccardo, innanzitutto grazie di aver accettato questa intervista. Ci vuoi raccontare la tua esperienza, purtroppo diretta, col Covid?

RC: Buongiorno a tutti, purtroppo sì ma mi ritengo fortunato ad essere qui a parlare con voi.
Tutto è successo una sera mentre ero al telefono con mio figlio, si era accorto che non riuscivo a respirare bene e a fare delle lunghe inspirazioni, m’ingozzavo da solo con la tosse. Data la sua preoccupazione, ha chiamato l’ambulanza e tempo quindici minuti mi hanno trasportato all’ospedale.
Venivo già da più di una settimana di febbre piuttosto alta ma considerato un normale decorso dai medici, curato con la tachipirina, a causa di una persona nella palestra di judo risultata poi positiva per un contagio in ufficio, nonostante il rispetto meticoloso di tutte le procedure. Su 18 persone siamo risultati 12 positivi e io ho avuto la peggio.
Sono stato ricoverato per una ventina di giorni in tre strutture ospedaliere diverse in base alla gravità. Per fortuna non sono stato intubato, grazie a mio figlio che ha chiamato l’ambulanza. Ho avuto prima la mascherina e poi occhialini e cannette e piano piano mi abbassavano la dose d’ossigeno fino ad essere stato tolto del tutto.
Sono tornato a casa ancora positivo, ho continuato ancora con le punture di eparina e a prendere antinfiammatori.
Ho fatto altri due tamponi risultati negativi, oltre all’esame del sangue di controllo. Mi manca solo l’ultima lastra toracica per considerarmi del tutto guarito ma sono solo contento perché vedo ormai la discesa.

Com’è stata la ripresa a casa? Come ti senti ora?

RC: A casa chiaramente rispetto all’ospedale si stava divinamente, poi è ovvio che comincia andarti stare stretto. Inizialmente i miei figli mi portavano la spesa e me la lasciavano fuori dalla porta, poi da quando sono diventato negativo, adesso va tutto bene e mi sento bene fisicamente. È chiaro che la mia attività è proprio limitata per adesso a quella di un pensionato, solo passeggiatine e niente di più, però venerdì farò la lastra toracica e se andrà bene comincerò a fare qualche piccolo allenamentino molto blando a casa o qualche corsettina al parco. Però fisicamente sto bene e aspetto solo questa conferma da quest’ultima lastra.

Che brutta avventura…ho seguito delle tue lezioni online per prendere spunti e appunto mi ricordo che parlavi di allenarsi in sicurezza, senza rischiare.
Ma con cosa sei stato curato e come ti sei trovato in ospedale?

Sono stato fortunato perché il mio fisico ha reagito bene ad un medicinale sperimentale, di cui ne ero consapevole, che ha debellato la polmonite bilaterale da Covid.
Finalmente sono a casa mia. Lì era davvero pesante tra tubi, cure, terapie e flebo, oltre a sentire per tutto il tempo gente che chiamava, che urlava, che tossiva senza un attimo di pausa.
Devo ringraziare tutto il personale che è stato davvero meraviglioso e non lo dico per aver sentito dire ma l’ho vissuto direttamente sulla mia pelle. Sono persone che lavorano che danno l’anima per il loro lavoro rischiando in prima persona.

Per quanto riguarda judo cosa ne pensi sul riaprire o meno le palestre e fare o meno le gare?

RC: Innanzitutto secondo me per le gare è ancora presto, purtroppo nei reparti più gravi non ci sono solo malati con patologie pregresse. Io sono un docente di scienze motorie e insegno judo, sano senza nessuna patologia e senza aver fumato, eppure sono stato colpito ugualmente.
Purtroppo le persone sono troppo abituate a non pensare alla gravità della situazione fin quando non succede a loro e parlo da judoka.
Penso che la riconquista a poter respirare autonomamente superi la voglia di ricominciare le gare. Purtroppo secondo me ci vuole ancora un po’ di tempo.
Per quanto riguardano gli allenamenti in preparazione delle gare pure, perché nonostante il rispetto di tutti i protocolli e le normative, è impossibile evitare di alitarsi addosso durante il randori, sia in piedi che a terra, e non si ha la certezza di conoscere esattamente le proprie condizioni.
Invece un discorso a parte è l’allenamento visto come momento socializzante e aggregante per tutti i ragazzi, in un ambiente molto controllato, rispetto al parchetto magari senza mascherina.

Secondo te, c’è qualcosa che si potrebbe fare per limitare ed eliminare questa situazione? Parlo in generale, non solo in ambito sportivo.

RC: È veramente difficile, non essendo né un politico né un virologo, non ne ho proprio idea purtroppo. È chiaro che tutti si auspicano la soluzione attraverso il vaccino e un conseguente ritorno alla normalità. Io son assolutamente apolitico e apartitico e quindi non voglio assolutamente prendere alcuna posizione, è chiaro che tante cose avrebbero potuto essere fatte meglio o magari anche peggio ma criticare da fuori è facile, poi all’interno ci siamo trovati di fronte a una bomba atomica, un evento assolutamente sconosciuto per cui prendere le misure è chiaro che non è facile. Si dice che durante l’estate e in questo periodo probabilmente si sarebbe potuto fare qualcosa dipiù ma onestamente e obiettivamente non so proprio come e cosa. È chiaro che per quel poco che si può fare, bisognerebbe risvegliare al 100% le coscienze di tutti e che ognuno faccia quello che gli viene detto di fare. Non si può trascurare la mascherina, non si può trascurare le distanze, queste cose che ci bombardano ogni giorno non vanno mai sottovalutate, questo per il momento, purtroppo, è l’unica piccola, piccola, piccola soluzione che mi viene in mente.
Obiettivamente e incoscienza non spetta a me la ricerca di un’eventuale soluzione

Giustamente ci sono politici e virologi che non sanno neppure loro cosa fare vista la situazione, come hai detto tu, straordinaria che da un giorno all’altro si è creata.
E se parliamo di Olimpiadi, secondo te si riuscirà a farle l’anno prossimo?

RC: È chiaro che tutti si auspicano anche perché è chiaro che significherebbe e rappresenterebbe un ritorno alla normalità. È chiaro che il tempo è poco, meno di un anno, e le Olimpiadi richiedono un percorso di avvicinamento, non è una preparazione solo a una gara, per cui tutti i tornei e i circuiti vari che vanno fatti prima e ne abbiamo visto adesso già a Budapest con l’esclusione di alcune squadre e la non partecipazione di altre, la difficoltà. Io credo che non possiamo pensare se si faranno o no ma possiamo solamente vivere con le dita incrociate, ripeto, perché si tratterebbe di uno pseudo ritorno alla normalità, che è quello che ovviamente che ci auguriamo tutti.

Essì, rimaniamo con le dita incrociate. Hai accettato subito questa intervista, e di questo ti ringrazio, perché so che vuoi portare la tua testimonianza diretta. Cosa vorresti trasmettere alla gente?

RC: Vorrei dire a tutti di stare attenti e di non sotto valutare questo pericolo che purtroppo può capitare a tutti. Ci sono tantissime regole che vanno di sicuro rispettate al massimo e nonostante ciò non basta.
Ovviamente bisogna continuare a vivere senza allarmismi ma con coscienziosità e responsabilità.

Condivido pienamente il tuo messaggio e per questo ci tenevo tanto ad averti qui con noi virtualmente.
Con questo ti ringrazio nuovamente per la tua disponibilità e ti auguro un pronto ritorno alla vita quotidiana, in attesa di vederci sul tatami. Ciao Riccardo!

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