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Per leggere tutta l’intervista: http://www.vogue.it/uomo-vogue/people/2013/07/kron-gracie
Kron Gracie è nato a Rio de Janeiro nel 1988 ed è figlio di Rickson Gracie, leggendario fondatore e campione delle Arti Marziali Miste (Mixed Martial Arts – Mma) di oggi, maestro e innovatore del Gracie Jiu-Jitsu.
Kron lo pratica dal giorno in cui è nato e ha ricevuto la cintura nera dal padre all’età di 19 anni. Quando era marrone, Kron stabilì un record che nessun altro lottatore di questa disciplina è mai riuscito a eguagliare: 55 vittorie consecutive, ognuna delle quali conclusasi con la sottomissione dell’avversatio; nessuno di quelli che ha incontrato in quei quattro anni di gare riuscì mai ad arrivare in fondo a un incontro di 7 minuti e tutti furono battuti con uno strangolamento o una chiave articolare.
La sua vita non è certo stata facile. Essere il figlio di una leggenda (Rickson sta alle Mma come Michael Jordan sta al basket) spingerebbe il 99% degli uomini a scegliere la strada più facile e a trovare un modo per vivere all’ombra redditizia del padre e del nome di famiglia. Ma non lui. Nessuno può conquistare il successo raggiunto da Kron Gracie in così giovane età “prendendosela comoda”.
È molto intenso, intelligente, sa ciò che vuole e ha lavorato ogni istante della sua vita per ottenerlo. A volte, quando ci parlo, mi sembra di aver a che fare con un monaco ottantenne, ma poi mi rendo conto che è lo stesso che, da piccoli, mi accompagnava a fare surf o skating a Malibu. Come fa un ragazzo così giovane a essere così connesso a tutto ciò che gli accade intorno, a dispensare consigli così saggi? Basta pensare a suo padre, a suo nonno.
Attualmente Kron Gracie insegna Jiu-Jitsu nella sua accademia a Los Angeles. Gareggia nel circuito della disciplina e in questo momento è l’avversario più temuto, con il 90% dei suoi combattimenti che si concludono con una vittoria prima del limite, una percentuale più alta di qualsiasi altro rivale. Il suo Jiu-Jitsu è come una scienza. Fa concentrare i suoi allievi sugli aspetti fondamentali come la distribuzione del peso e l’idea, se l’avversario si rifiuta di andare da un lato, di far leva su di lui per portarlo dall’altro. Secondo lui l’autodifesa è uno degli obiettivi più importanti, senza si è perduti. Ha viaggiato in tutto il mondo e combattuto quasi in ogni nazione.
Il suo stile è diverso da quello di qualsiasi altro lottatore. Lui lavora come suo padre, perfetto nei fondamentali, senza lasciare mai che l’avversario si senta in alcun modo a suo agio durante un combattimento: mantiene la pressione finché non viene commesso un errore e, a quel punto, bam!, piazza una “armlock”, la “chiave” per antonomasia su braccia e spalle, o una “leglock”, oppure dà l’affondo con una “chokehold”, una tecnica di strangolamento.
Attualmente si sta allenando con i campioni dell’Ufc (Ultimate Fighting Championship), i “Diaz Brothers” Nick e Nate, Gilbert Melendez e Jake Shields – detti anche “The Scrap pack” – e nei prossimi anni gareggerà nelle MMA molto probabilmente qui negli Usa o in Giappone, dove lui e suo padre sono considerati alla stessa stregua dei samurai centinaia di anni fa. Si potrebbe senz’altro dire che Kron Gracie è un samurai dei nostri giorni.
Pratico il Jiu-Jitsu da 13 anni, sono alto 1.92, peso quasi 100 kg e mi sento sempre molto sicuro di me nella lotta corpo a corpo, contro qualunque avversario, eccetto Kron Gracie. Nessuno mi ha mai fatto sentire così tanto un pesce fuor d’acqua: a volte è una frustrazione. “Come fa uno che pesa più di 20 kg meno di me a distruggermi in questo modo?”, mi chiedo. “Non ha senso!”. Kron Gracie discende da una lunga stirpe dei migliori in assoluto sul pianeta. Figlio della leggenda Rickson Gracie, Kron ha solo 24 anni, ha già aperto una sua scuola di Jiu-Jitsu a Los Angeles ed è l’avversario più temuto nel circuito degli incontri di questa disciplina, con il 90% di vittorie schiaccianti. Avevo molte domande da rivolgergli e ho avuto il privilegio di potermi sedere con lui a fare una chiacchierata.
Erik Soderbergh: Come va, Kron?
Kron Gracie: “Alla grande, Erik. E a te?”.
E.S.: Benissimo. Ho sempre voluto chiederti che differenza c’è tra il Jiu-Jitsu che insegnate tu e tuo padre e quello che si insegna nelle altre accademie.
K.G.: “Mio nonno trasformò il Jiu-Jitsu da arte marziale molto esplosiva in arte marziale per persone fisicamente più deboli, in cui si usa l’intelligenza più che la forza bruta. Inventò poi un tipo di leva e la tecnica in modo che un individuo più gracile potesse sconfiggere avversari più grossi e più forti. Mio padre, fisicamente più robusto del nonno e già esperto della tecnica imparata crescendo, anziché aspettare che l’avversario si stancasse, riusciva a infliggerli sofferenza applicando pressione in modo diverso. Cominciò a sviluppare uno stile un po’ più avanzato, più fisico ma sempre basato sui principi della leva e della tecnica. Sono convinto che il Jiu-Jitsu non sia uno sport né un gioco. Mio nonno elaborò ulteriormente la disciplina per essere sempre in grado di difendersi e mio padre è sempre riuscito a difendere se stesso e il nome della famiglia, quindi anch’io credo in questo. Penso che molti lo imparino introducendovi una forte connotazione sportiva, studiando regolamenti e punteggi per le gare e perdendo lo spirito del guerriero, perdendo la voglia o la capacità di sottomettere l’avversario, dimenticando per quale scopo fu creato”.
leggi tutto qui: http://www.vogue.it/uomo-vogue/people/2013/07/kron-gracie