Intervista ad Andrea Baggio

È da qualche anno che non sentiamo il Maestro Andrea Baggio: cogliamo l’occasione del MILANO CHALLENGE del 26 Novembre 2016 per fargli qualche domanda.

Buongiorno Andrea,
L’ultima chiaccherata su grappling-italia.com risale al 2011 – dove si può trovare la tua bio e leggere i traguardi da te raggiunti fino ad allora – ma da quell’anno ne sono successe di cose. Il bjj è diventata una realtà importante, il MILANO CHALLENGE ha continuato a infrangere record, MILANIMAL ha cambiato due sedi e finalmente ha trovato casa in centro a Milano.
Prima di partire con le domande specifiche, cos’altro hai da dirci sulla scena, Cos’è cambiato dal 2010 ad oggi?
Da judoka secondo te è corretta la similitudine tra il successo del judo negli anni 70/80 e il possibile sviluppo del bjj negli anni 2010?

Negli ultimi anni il jiu-jitsu è cresciuto in Italia come nemmeno io mi sarei mai aspettato.
In maniera diversa, però, rispetto a come è stato in passato per judo e karate, ad esempio.
È un movimento, quello del jiu-jitsu, più ricco, più affascinante – in tutte le sue accezioni, positive e negative – e molto meno “underground” di quanto sembri.
Ormai, a mio avviso, è da trattare al pari di sport come lo snowboard, lo skateboard, il surf e altre attività “estreme”.
Per fortuna iniziano ad arrivare i primi riconoscimenti tanto per gli insegnanti e le loro scuole quanto per i giovani atleti italiani.
Era ora!

Quando hai capito che il bjj poteva diventare oltre che la tua passione il tuo lavoro?

È stato un passaggio graduale.
Ho iniziato facendo qualche lezione collettiva a un gruppo sparuto di appassionati.
Come tutti, credo.
Quando ho cominciato a salire tutti i giorni sulla materassina è cambiato qualcosa.
Credo sia stata quella la prima avvisaglia che mi diceva che quello sarebbe diventato il mio lavoro.

La nuova sede di MILANIMAL in via Muratori, 34 a Milano è davvero molto bella, moderna e luminosa. Una costante nei tuoi progetti è di fare sempre l’extra mile: non solo spaziosa, pulita e con insegnanti in gamba – cose forse reputate standard ma non sempre presenti in altre realtà – ma è anche un piacere per gli occhi.
Secondo te quanto è importante l’immagine in una palestra?

Presentarsi nella migliore maniera possibile, senza ovviamente trascurare i contenuti delle lezioni, il percorso didattico e le abilità e l’educazione degli insegnanti, è fondamentale.
L’immagine fa parte di un unico modus operandi: dare sempre il massimo.

Il fatto che facciate solo jiu-jitsu e CrossFit fa parte di questa strategia?

Assolutamente no.
MILANIMAL è sinonimo di autorevolezza – e, per come sono fatto io, non potrebbe essere altrimenti – quindi fa solo quello che gli viene meglio, quello che fa da più tempo e quello che gli piace di più. Presto fatto: CrossFit e jiu-jitsu.

Il tuo blog, il tuo profilo personale di facebook e quello di MILANIMAL hanno uno storytelling molto interessante e anche i video lancio del MILANO CHALLENGE non sono da meno. Brevi ma dal fortissimo impatto.
Fai tutto da solo oppure hai dei collaboratori esterni? Quanto tempo ed energie investite a creare tutta la campagna?

Non mi ci è voluto molto a capire che da soli, nella vita, si combina poco.
Siamo in parecchi e tutti molto dedicati.
Le nostre giornate di lavoro iniziano molto presto e finiscono decisamente tardi.
Mi vanto spesso di dire che i miei collaboratori, quelli che lavorano con me spalla a spalla sette giorni su sette, siano molto, molto meglio di quanto non sia io.
Per quanto riguarda gli ultimi video, ad esempio, il lavoro è stato parecchio.
C’è chi si è occupato dei testi, chi dei super e delle grafiche, chi ha filmato, chi ha diretto le luci, chi si è preoccupato di allestire il set a teatro, chi ha avuto l’idea creativa e chi si è preoccupato di confezionare tutto nella miglior maniera possibile.
A questo proposito ne approfitto per ringraziare Alessandro Migliore, ottimo film maker che mi segue da anni.
A dire il vero sarebbe meglio dire che inseguo da anni.

Parlando di MILANO CHALLENGE. E’ un evento che ho sempre seguito con attenzione dal 2009: non solo perchè era nella mia città ma anche per le scelte contro corrente e il successo immediato che ha avuto. Tra queste ricordiamo la chiusura delle iscrizioni una settimana prima, i brackets scaricabili dal sito, divisione di orari tra cinture colorate e no, l’iscrizione solo con paypal e nell’ultima edizione la chiusura anticipata per raggiungimento massimo degli iscritti (650). Cose che non sono uno standard nel 2016, ma erano impensabili nel 2009.
Quanto credi che l’aver avuto il coraggio di prendere delle decisioni cosi importanti abbia influito sul successo – fin dalla prima edizione – dell’evento?

Gli eventi pubblici, i campionati per intenderci, dovrebbero non solo essere uno strumento di confronto per gli atleti coinvolti ma anche una maniera per educare il pubblico e i partecipanti.
Io credo che a fare bene, ad essere seri, ci sia sempre da guadagnare.

Tanto per far capire le proporzioni delle energie investite per creare questo evento.
Quanto tempo e quante persone fanno attivamente parte dell’organizzazione?

Per organizzare un campionato come il MILANO CHALLENGE bisogna partire con largo anticipo.
Si comincia col palazzetto sei mesi prima. A Milano non ce ne sono molti e sarebbe spiacevole trovarli tutti occupati.
Poi è la volta della promozione. Per intenderci, i video che vedete ora online sono stati girati a luglio.
Quindi, è il momento di tutto il resto: sito, sponsor, materassine, arbitri e via dicendo.
Ovviamente non sono da solo a fare tutto.
La stragrande maggioranza del lavoro è in mano a Marco Bancone, che ormai lavora con me da anni.
Con lui ci sono almeno un’altra dozzina di persone.

Quest’anno abbiamo la novità del Palazzetto: il PalaBadminton. Cos’altro possiamo aspettarci?

Live streaming in HD delle finali delle cinture viola, marroni e nere e diversi contenuti extra da vedere su www.purefights.tv a evento archiviato.
Questa è l’unica vera novità. Credo basti, però.

Ci sarà la possibilità che il MILANO CHALLENGE si sdoppi su due giornate GI e NO GI?

Sicuramente in un prossimo futuro.
Per quest’anno ci siamo ancora accontentati di fare bene quello che è sempre stato fatto: dare la priorità agli atleti.

Parliamo un po’ di bjj: la querelle tra nuova scuola e vecchia scuola di jiu-jitsu si è un po’ calmata perchè per fortuna quello che conta in gara sono i risultati. Da judoka che ha partecipato con altri regolamenti rispetto a quelli attuali quanto sei favorevole a cambi di regolamento nel bjj? Cosa faresti di diverso? Che rischi vedi nello sviluppo del jiu-jitsu sportivo?

Il jiu-jitsu ha il triplice vantaggio di essere un’arte marziale moderna, uno splendido sport e, come direbbero in California, un lifestyle. Io credo che questi tre aspetti possano e debbano continuare a convivere.
La sostanziale divisione in old school e new school non credo sia una proprietà intellettuale di chi il jiu-jitsu lo ama per davvero. Il jiu-jitsu è il jiu-jitsu ovvero una disciplina in continua evoluzione.
L’unico rischio che vedo nello sviluppo del jiu-jitsu sportivo sta proprio nel suo regolamento, però.
Non vorrei facesse appunto la fine del judo, ormai schiavo di regole assolutamente retrograde e involuzionistiche.
Oggettivamente, però, non mi sono ancora fatto un’idea di come cambiarle senza stravolgerne il senso e limitare il processo di creazione dei suoi praticanti. Credo spetti a chi ne sa più di me.

Oltre a studiarsi le regole di gara, che consigli daresti a un atleta alla prima gara di bjj?

Di dedicarsi, di non prenderla sotto gamba, di dare il massimo. Sempre. Perché poi è questo quello che conta.

Dopo quanto tempo consigli ad un atleta di mettersi in gioco?

Dipende. Io credo che ogni studente dovrebbe, alla luce della sua prima gara, consultarsi col suo insegnante.

Inutile negare che il bjj e le MMA sono legate a filo doppio.
Oltre a essere stato il primo telecronista UFC in Italia sei stato un giudice al Venator: mi sento di affermare che sei ancora legato alla scena del “vale tudo”… ti piace ancora vedere le MMA?

Moltissimo.
Sono un super fan del “nostro” Marvin Vettori che ho avuto modo di seguire – come spettatore – da vicinissimo, prima del suo esordio nella gabbia dell’UFC, in tutti e tre i suoi match a Venator.

Chi ti ha stupito in maniera positiva o negativa al Venator?

Beh, i primi a stupirmi sono stati sicuramente i promoter e chi si è occupato del matchmaking.
Ricordo, della prima edizione, l’incontro tra Ouadia Tergui e Danyel Pilò.
Da brividi!

Come mai il bjj è cosi poco sfruttato in UFC al momento?

Io credo sia un problema di regolamento.
I round da cinque minuti e la sete di spettacolo hanno fatto prendere una deriva a tutto il compartimento della lotta al suolo: un ottimo G’n’P o un “trick”, una buona transizione o un colpo ad effetto che risolva il match.

Secondo te uno che “vuole fare MMA” deve partecipare a gare col gi?

No. Secondo me, il jiu-jitsu sportivo e le MMA sono due mondi analoghi ma, ormai, non più paralleli.

Perchè una persona dovrebbe partecipare al MILANO CHALLENGE invece che alla garetta sotto casa?

Il MILANO CHALLENGE è un torneo locale con un ampio respiro internazionale.
È un ottimo espediente per partecipare a un campionato prestigioso, simile in tutto e per tutto a quelli della IBJJF, mantenendo contenuti i costi per la trasferta.

Chiudiamo con una curiosità personale: parli molto spesso di libri sul tuo blog e in MILANIMAL ho visto un bel rack di tomi: 5 libri 5 che senti di consigliare e perchè.

  • “Jubiabà” di Jorge Amado.
  • “Il richiamo della foresta” di Jack London.
  • “Il cigno nero” di Nassim Nicholas Taleb.
  • “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad.
  • “Nel ventre della bestia” di Jack Abbott.

Ognuno, tra le righe di un scritto, cerca sempre un po’ di sé.
Credo sia meglio, quindi, che ogni lettore si impegni per trovare il suo perché. Non il mio.

Grazie mille per il tempo M Baggio.

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