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Vi ricordate quando il buon Dana White si presentava alle conferenze stampa della UFC indossando una t-shirt marchiata “Zuffa Boxing”?
Ma sì che vi ricordate.
Ecco, il rapido fallimento della SuperLega di calcio che tanto sta facendo discutere il mondo del pallone è in qualche modo simile al mancato lancio di Zuffa Boxing, la promotion di pugilato con la quale White voleva rivoluzionare la boxe. Zuffa Boxing sembrava davvero sul punto di decollare: lo zio Dana voleva sfruttare il clamore mediatico generato da Mayweather-McGregor e aveva già registrato e depositato ufficialmente il neonato marchio Zuffa Boxing, con tanto di logo e tutto quanto.
La prima card sembrava pronta per l’annuncio: si vociferava che nel main event della serata (che sarebbe stata trasmessa su UFC Fight Pass) avrebbe partecipato la celebre pugile americana Claressa Shields contro Marie-Eve Dicaire.
L’obiettivo di White – a quanto si dice – era “scardinare” il complicato sistema della boxe di oggi, che oggettivamente ha vari problemi: troppe sigle, troppi campioni, troppe classi di peso, troppo caos. Da qui l’idea di creare una promotion privata alla quale i pugili fossero legati in maniera totalmente esclusiva, senza possibilità di combattere per altri promoter, in cui i campioni venissero tutti riconosciuti come “indiscussi”. Insomma, un circuito chiuso che ricalcasse per filo e per segno lo stile della UFC.
Semplificare e portare la capacitá promozionale della UFC all’interno del “pianeta pugilato” non era assolutamente una cattiva idea, ma il boss dell’Ultimate Fighting Championship ha dovuto fare subito i conti con la realtà: il famoso Ali Act (non presente nelle MMA) permette infatti ai pugili maggiore libertà e più diritti contrattuali, e li protegge proprio da pratiche come quella della “lega chiusa” proposta da UFC.
I piani di Zuffa Boxing sembrano dunque essere in pausa o addirittura cancellati per sempre. Da un’intervista di Dana White a Dicembre 2020: “Sto provando ad entrare nella Boxe da almeno due anni e il motivo per cui non mi avete visto ancora organizzare nulla è perchè è un settore davvero incasinato e marcio, ecco quale è il problema. Non farò nulla a breve. [..] Avrebbe bisogno di essere ricostruito e ristrutturato tutto da capo.”
E qui, ricollegandoci anche alla SuperLega, ci rendiamo conto di quanto sia complicato il tentativo di “privatizzare” (anche se non è proprio il termine adatto) discipline che hanno alle spalle una lunga storia e una ricca tradizione come il pugilato o il calcio. I piani di questi nuovi super-progetti sono ambiziosi e hanno alle spalle delle motivazioni di business facili da comprendere, ma quando le cifre iniziano ad essere davvero grosse ci sa va anche a scontrare con tutte quelle normative sviluppate proprio per proteggere l’integrità di chi pratica lo sport in questione e la disciplina stessa.
D’altronde si sa, solitamente le grandi rivoluzioni partono dal basso…