Teoria, pratica e i livelli del Jiu-Jitsu

Nel praticare il Jiu-Jitsu si può arrivare a una fase d’impasse, un periodo di stallo in cui non si notano miglioramenti e cala la voglia di allenarsi. Chi è maggiormente colpito da questi sintomi sono quelli che intendono il bjj solo come una pratica che prevede un unico livello di Jiu-Jitsu che può essere ricondotto all’aspetto prettamente agonistico. Il rischio è che rimanendo sempre in “modalità” sportiva, sia fisicamente sia mentalmente, si tenda a esaurire ben presto le energie con la conseguenza di andare in sovrallenamento muscolare e cerebrale.

Per evitare questa impasse, per avere sempre una buona concentrazione, bisognerebbe ricercare nuovi stimoli durante la pratica. Eseguire gli esercizi e lo sparring in maniera svogliata, scarichi mentalmente può essere un viatico verso gli infortuni. Per trovare sempre la voglia di migliorare è necessario essere cosciente che ci sono diversi livelli di pratica del Jiu-Jitsu. Avremo così:

Un livello “agonistico“, dove andremo a concentrarci sul nostro piano “A”, lavorando sui nostri punti forti.
Un livello di “ricerca” dove, con l’aiuto del partner, esploreremo nuove aree di gioco lavorando soprattutto nei settori in cui siamo più deficitari.
Un livello “educativo” in cui mettersi in competizione più con se stessi che con il partner, e quindi cercare di conoscersi meglio e scoprire i propri punti deboli più propriamente caratteriali e psicologici.
Un livello “istruttivo“, cioè la capacità, non solo di eseguire delle tecniche, ma capirne l’essenza attraverso l’approfondimento, fase in cui si esplorano campi come la psicologia, la pedagogia e la filosofia.

Nuovi stimoli possono venire dalla lettura di un libro, di una rivista di settore, analizzare gli incontri dei grandi campioni o seguire un video didattico del nostro campione preferito. Mi si dirà: ma il bjj è pratica pura, s’impara sul tatami a lottare. Il bjj basta a se stesso, si nutre di pratica e si fa beffa della teoria.

In verità per apprezzare tutti gli aspetti del Bjj occorre essere, al tempo stesso, un teorico-pratico e un pratico-teorico. Un pratico che ha studiato molta teoria e un teorico che ha fatto molta pratica. La teoria è conoscenza oggettiva che ha la pratica come sua origine e suo oggetto. Nel nesso, nella mediazione fra teoria e pratica scaturisce il processo della conoscenza. La teoria non è solo speculazione ma nasce con la pratica e con essa interagisce. La pratica d’altro canto, non è la pura e semplice applicazione della teoria, ma nel suo manifestarsi scopre nuove  strade da esplorare e così facendo corregge la teoria e in qualche modo ne traccia la via. Essa è inseparabile dalla teoria, fa parte di un processo in cui teoria e pratica non vanno considerati come elementi contrapposti metafisicamente l’uno all’altro.

Quando proprio abbiamo raggiunto un periodo di saturazione, e non proviamo più piacere nella pratica, e anche lo studio teorico non ci interessa, è bene non scoraggiarsi e riposarsi per un po’, dedicarsi ad altri interessi, per poi ricalcare la materassina con nuova voglia ed energia.

Max De Michelis

Blogger

Video Editor

Purple Belt, Personal Trainer

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