Nuove idee sulla prevenzione e il recupero degli infortuni

Originariamente apparso su: http://www.movimentoarcaico.it/pages/prevenzione-recupero-infortuni.html

NUOVE IDEE SULLA PREVENZIONE E IL RECUPERO DEGLI INFORTUNI
di Massimo Mondini

La scienza dell’integrazione mente-corpo continua nei suoi miglioramenti sempre più stupefacenti. Ecco come influisce notevolmente sui processi di prevenzione dagli infortuni e di recupero.L’infortunio è da sempre temuto da ogni atleta e da ogni società sportiva. In particolare al giorno d’oggi, in cui la competizione è sempre più serrata, la possibilità di avere i propri atleti disponibili per tutto l’anno sportivo può fare la differenza tra una stagione vincente e una perdente.
Negli ultimi anni l’attenzione alla prevenzione degli infortuni è aumentata e si sono riscontrati alcuni progressi.

Molto rimane ancora da fare sia per i cosiddetti infortuni da stress, imputabili soprattutto a squilibri muscolari, sia per gli eventi traumatici più propriamente detti.Ovviamente l’infortunio è un momento difficile, sia per gli atleti che per le società, un momento che tutti cercano di superare nel minor tempo e con il minor danno possibile. Capita spesso che accelerare una procedura di recupero per logiche legate al risultato risulti controproducente, costringendo gli atleti a nuovi stop e ad affrontare problemi di solito più complicati di quelli iniziali.

Quanto è importante allora utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per accelerare questi processi di guarigione e allo stesso tempo preservare la salute dell’atleta? Gli strumenti attraverso il quale si diminuisce l’incidenza degli infortuni e si diminuiscono e agevolano i processi di recupero sono la terapia e la prevenzione.
I progressi più evidenti che risolvono casi che risolvono casi che qualche anno fa sembravano impossibili appartengono tutti alle scienze di integrazione mente-corpo e alle metodologie di allenamento mentale.

Il recupero terapeutico
Partendo dalla considerazione ormai condivisa che fare terapia significa occuparsi di un atleta nella sua interezza facciamo alcune considerazioni.
Se è ormai generalmente accettato che rimettere a posto una parte del corpo infortunata richiede un lavoro che riguarda tutto l’organismo nel suo complesso, altre tematiche sono da affrontare. Infatti se sono importanti il recupero funzionale dell’organo e un ri-equilibrio muscolare generale, ora si è in grado di spingersi oltre. Fare terapia significa anche il recupero completo di una piena propriocettività, significa superare la paura dell’infortunio, significa apprendere nuove modalità coordinative che utilizzino l’evento traumatico come esperienza di apprendimento.Essenzialmente il lavoro che proponiamo si basa (1) su tecniche mentali e (2) su tecniche di integrazione mente-corpo.

1. Come hanno già fatto atleti di livello assoluto, come lo stesso Michael Jordan, per esempio, durante il recupero da un infortunio, è di estrema utilità svolgere sedute di allenamento mentale. Queste sedute, attraverso esercizi di visualizzazione, allenamento ideomotorio, tecniche di concentrazione garantiscono il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

a. Ridurre drasticamente i tempi di recupero
b. Migliorare la tecnica individuale
c. Innalzare il livello di alcune qualità atletiche specifiche

2. Il recupero può essere velocizzato anche utilizzando varie tecniche di integrazione motoria, le cosiddette ginnastiche dolci, che ripristinano e migliorano le funzionalità dell’apparato propriocettivo, e aiutano l’atleta a trovare una migliore capacità di rilassamento per un utilizzo più economico della propria forza muscolare. Tali elementi oltre che coadiuvare il recupero si riveleranno utili al momento di riprendere l’attività. Il periodo di guarigione sulla base di queste considerazioni può addirittura essere di beneficio alla performance dell’atleta, permettendogli di lavorare su aspetti che vengono lasciati in secondo piano durante la normale preparazione tecnico-atletica.

L’atleta può così riprendere la propria attività più forte e determinato di prima.Negli ultimi anni i casi più eclatanti di atleti che hanno ottenuto risultati straordinari da questo tipo di lavoro sono stati quelli di Beppe Signori e di Andrè Agassi, che, grazie a metodologie di lavoro mentale e tecniche motivazionali, hanno trovato nuova energia e nuovi stimoli per tornare ai vertici dopo periodi molto difficili, causati da infortuni recuperati dal punto di vista fisico ma non da quello mentale.

Prevenzione
Nel campo della prevenzione molti sforzi sono stati fatti negli ultimi anni. Tuttavia, i programmi di prevenzione che oggi vengono maggiormente utilizzati partono ancora tutti da regole troppo generali che non tengono conto della diversità di ogni singolo individuo: la costruzione di un impalcatura muscolare solida e improvvisati programmi di ginnastica propriocettiva non sono più sufficienti a garantire un armonico utilizzo delle enormi potenze in gioco e un’adeguata ripartizione delle tremende sollecitazioni cui è sottoposto l’apparato osteo-articolare.
Le moderne tecnologie per la prestazione ottimale di cui disponiamo ci consentono di preparare piani di prevenzione molto più specifici ed efficaci. Attraverso un poderoso miglioramento delle afferenze propriocettive e la costruzione di schemi di risposta motoria ad eventi potenzialmente pericolosi, garantiamo un abbassamento notevole della probabilità che avvenga un evento traumatico, e rendiamo praticamente nulle le incidenze di eventi infiammatori derivanti da squilibri muscolari.

Un caso
Tempo fa fu richiesta la mia consulenza da una società di rugby poiché uno dei loro giocatori lamentava i sintomi di una pubalgia e soprattutto un generale disinteresse nei confronti della squadra. Conobbi quindi Luca, un rugbista di talento, tanto che aveva superato il provino per la nazionale, che dovette però rinunciare alla maglia azzurra a causa di un banale infortunio al ginocchio, che pur recuperato pienamente (in apparenza) ne aveva condizionato pesantemente le prestazioni. Organizzai due colloqui, uno con l’atleta e uno col direttore tecnico, per stabilire gli obiettivi del mio intervento e per farmi un quadro della situazione. Per quel che riguarda gli obiettivi vi era una certa identità tra quelli dell’atleta e quelli del tecnico ma, sulle cause del suo attuale stato, i pareri divergevano completamente e ciò aveva reso inutili i precedenti tentativi di recupero.
Come prima cosa io e Luca ripristinammo la voglia di fare gli allenamenti in quanto, da parecchio tempo, li conduceva più per inerzia e per senso del dovere che non per amore del gioco. Quindi osservammo, attraverso l’uso di filmati e della memoria senso-cinetica profonda dell’atleta, in che modo si era modificata la gestualità tecnica dopo l’infortunio; grazie a quest’indagine ne scoprimmo tanto le cause mentali (paura dell’impatto frontale), tanto quelle fisiche (inspessimento ed accorciamento di determinati gruppi muscolari). A questo punto spiegai a Luca che aveva tre possibilità di scelta: Rimanere così (che era la scelta più frustrante e faticosa), ritornare come prima (in tempi relativamente brevi e senza troppa fatica) o diventare meglio di prima ( la strada più facile e piacevole poiché non fa che ricalcare il naturale processo di cambiamento ed evoluzione di ogni essere umano).
Iniziò cosi il nostro iter di ricerca della prestazione ottimale: superare la paura dell’impatto fu una cosa veramente breve e facile, attinsi al ricco repertorio di tecniche e modelli della Programmazione Neurolinguistica, inoltre ai fini di aggiungere anche un miglioramento tecnico specifico, lavorammo proprio sugli impatti mediante allenamenti a tema. Impostammo insieme al fisioterapista della società un lavoro di “riabilitazione avanzata” per recuperare pienamente la forza e la scioltezza di alcuni importanti muscoli che erano stati trascurati durante l’allenamento coi sovraccarichi e svolgemmo anche qualche seduta specifica sulla propriocettività di questi muscoli affinché non si “impigrissero” in circostanze successive.
Gli esiti di questo lavoro furono soddisfacenti su tutta la linea: per la società, poiché Luca divenne un pilastro per tutta la squadra, e per l’atleta perché ha ritrovato la serenità nel gioco e quell’entusiasmo che sembrava definitivamente perso.

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